La durezza della fine

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Apolide Metafisico
CAT_IMG Posted on 22/7/2008, 13:51




Lo posto pure qui, va.


I loro sguardi si intrecciano in un riflesso infinito. L’agonizzante baluginare del sole sulla superficie increspata del mare irradia di sfumature l’iride. La risacca assedia dolcemente le loro caviglie, ed una svogliata brezza lambisce il loro abbraccio. Le onde urlano la loro morte infrangendosi contro le scure sagome di appuntiti scogli, che vibrano d’una minaccia immobile. Il crepuscolo si fa strada oltre ogni incerto bagliore, mentre lo spettro della sera si insinua silenzioso fra le sanguinanti sfumature del tramonto.
Un bacio.
Un altro ancora.
Il vermiglio tepore della morte d’ogni menzogna.
Qualche sussurro, e poi ancora un altro bacio.
Gli occhi si chiudono, il mondo sbiadisce, svanisce, lasciando il posto alla radiosa egemonia dell’ombra. Le vette dell’estasi precipitano in vertigini d’un vuoto mistico, d’una solitudine condivisa.
L’oscurità incalza, ma i due non ci fanno caso.
Ancora un altro bacio, ancora qualche meravigliosa parola.

Com’è bello smarrirsi entro i propri limiti.
Com’è bello scoprire che l’infinito coincide con la delicata stretta d’un abbraccio.
E questo immenso che non ci soffoca, quest’illimitato che respiriamo avidamente?
Questa realtà che non soffre confini, questo capriccio che dissipa ogni necessità, questo smisurato respiro che ci unisce.
E’ una serena agonia. I rantoli non si distinguono dai sospiri, le ferite sono macabri sorrisi grondanti una dolce verità.


L’incedere del tempo imperversa, la tempesta dei minuti si abbatte impetuosa sui due.
La luna saetta in cielo, le nubi s’addensano, il nembo si scatena, l’oscuro ventre della notte piange
un fiume di luce e di tonanti singhiozzi.

I due si stringono sempre più nel loro abbraccio.
Ancora troppo distratti per accorgersi del temporale, ancora troppo distanti, si perdono sempre più nel piacere di ritrovarsi.

Rabbiosi flutti scuotono il mare, oceani di sprazzi inondano il cielo.
Il chiarore della luna grazia le terribili forme delle onde ed il mostruoso profilo della terra livida.
Accarezza anche i due giovani che, in un istante, vengono tramutati in statue di sabbia.
La loro bellezza si eterna nella fragilità, le loro forme cedono alla labilità dell’eterno, suggeriscono la possibilità dell’infinito, ne rivelano il reato.


I due rimasero per sempre abbracciati, perpetuamente inclini alle lusinghe del decadimento, col cazzo in tiro.




Superfluo dire che mi sono piegato a scrivere qualcosa del genere unicamente perché, dopo aver immaginato quell'ultima frase a chiudere un racconto simile, non ho potuto resistere alla tentazione di scriverlo. Perché avesse effetto, però, dovevo scrivere tutto il resto. E così feci. E urina, eventualmente.
Vorrei che coglieste il valore catartico di quelle ultime parole, di come la tensione romantica si risolva in un brusca virata verso l'essenziale, che produce inevitabilmente uno stridore che ha il sapore dell'ironia più raffinata.
 
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