| Questo è un misero frammento di un post del mio blog, sezione pensieri, realtivo alla fine della scuola (ma nemmeno tanto, in effetti). Non so perchè lo metto qui, nè so perchè lo avevo scritto allora. Sento che devo farlo, forse per farvi capire meglio il mio essere interiore e i miei pensieri sulla vita, cadendo magari anche nel banale. Grazie per gli insulti che saprete offrirmi, gratuitamente.
Oggi, sabato 7 giugno 2008, è terminato un altro anno scolastico. Non ho intenzione di perdermi in inutili elenchi di ringraziamenti, dediche, ricordi piacevoli e spiacevoli, rimpianti e via dicendo, no, mi sono semplicemente accorto di quanto, nella carica di emozioni positive che chiunque prova, nel bene e nel male, chi più chi meno, difficilmente si possa essere davvero spensierati e liberi, anche dopo una grande liberazione come quella di oggi. Ciò che intendo non è il sentirsi un po' tristi e malinconici a causa della distanza che per qualche mese ci separerà da persone che comunque ci hanno accompagnato per gran parte della nostra vita scolastica, per l'ambiente stesso o per qualunque altro motivo, bensì intendo un particolare e indefinibile senso di desolazione di fronte ad una vita che inesorabilmente si ripete, e che, in ogni situazione, ha sempre qualcosa di negativo e tremendamente stancante. E’ vero, “La fine non è la fine” (i La Quiete insegnano) ed ogni termine non è altro che un passaggio, un’evoluzione verso un qualcosa che si ripeterà, anch’esso, forse, per diverso tempo. Quella che noi chiamiamo fine di un qualcosa, non è che l’inizio di qualcos’altro. Non è difficile, dunque, rendersi conto di come la gioia materiale di aver terminato un anno scolastico sia macchiata dalla consapevolezza di non essere ancora arrivati ad una fine, una fine non scolastica, ma definitiva. Allora, tutto avrà davvero un senso?
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